Raccontare la nostra attività significa anche imbattersi in vicende come questa. Resoconti capaci di miscelare la realtà dolorosa e corrosiva decretata da una diagnosi terribile, con l’altruismo, la speranza e la gioia di vivere. Il filo rosso in grado di unire questi sentimenti, così apparentemente in contrasto tra loro, sono degli occhialini chirurgici di cui, però, discuteremo più avanti. Perché prima è necessario parlarvi di Donato. Il “percorso” di Donato, parte da Caronno Pertusella, comune a metà strada tra Milano e Varese.
Qui, appunto, viveva il protagonista di questa storia. Caronno Pertusella è un piccolo centro, in cui tutti si conoscono, si salutano e vivono la comunità con le regole – non scritte – di chi ama restare lontano dai riflettori e dalla frastornante confusione delle grandi città. Insomma, uno di quei luoghi dove le tradizioni resistono ostinatamente alla modernità. Posti, per intenderci, dove il welfare conserva il sapore antico dell’amicizia, e si realizza calandosi ancora nelle difficoltà di un amico, di un vicino, oppure di un anziano, in modo un po’ utopico e visionario. Donato è una persona stimata e molto conosciuta. Per diversi anni componente della banda del paese, ma anche valido dirigente sportivo della locale squadra di volley, non lesina sforzi per la sua comunità che identifica come una sorta di grande famiglia allargata. Parliamo di una cornice che tratteggia un uomo buono, innamorato della famiglia, capace, con semplicità, di coltivare le proprie passioni. Per dirla con Sciascia “Una storia semplice”. Una normalità felice.
Poi, un giorno, senza alcun preavviso, come spesso capita in queste situazioni, la “normalità”, si trasforma in incubo. La gioia in preoccupazione. La felicità in paura. Il campanello d’allarme, causato da un malore, si converte per Donato in una sentenza inappellabile: mesotelioma, in sintesi, tumore al polmone. Donato ha resistito tre anni (ben oltre i tempi indicati dai medici), lottando ogni giorno contro il demone che portava dentro di sé. Tuttavia, dopo la perdita non tutto il dolore è lutto. Certo, si viene risucchiati in un vortice d’inconsolabile disperazione, il legame improvvisamente reciso con gli affetti più intimi è spiazzante.
Eppure, che il lutto non sia solo buio, l’ha dimostrato proprio la famiglia di Donato, trasformando l’immensa sofferenza in un gesto d’altruismo. Un atto, compiuto in collaborazione con la nostra associazione, che nasconde un doppio significato: dare un senso alla perdita, ma anche soddisfare, ancora una volta, quella spinta generosa che ha contraddistinto la vita del loro caro. Dunque, grazie alla donazione della famiglia, siamo stati in grado di acquistare e consegnare al dottor Elson Gjoni, specialista in chirurgia pancreatica, inserito nello staff del reparto di chirurgia generale dell’ospedale di Vimercate, un paio di occhialini chirurgici.
Si tratta di un supporto chirurgico completamente personalizzabile sulle specifiche esigenze del chirurgo, circostanza che garantisce qualità, affidabilità, durabilità ed estrema precisione durante le fasi più delicate dell’intervento.
Ogni volta che si conclude un percorso di donazione, ci poniamo interrogativi che non sempre trovano immediata risposta. Perché mettiamo in discussione il nostro impegno ogni giorno, con pensieri e preoccupazioni che a volte ci tolgono energia e lucidità.
In questo caso, no. La famiglia di Donato ci è stata vicina, come pure Donato stesso.
Anche grazie a lui, infatti, la vita, la nostra vita e quella di tutte le persone che, ignaro, aiuterà, potrà mantenere l’inconfondibile sapore della semplicità, della tenerezza e del coraggio.